Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- via Gallurì, angolo vicolo del Poggiarello
- CAP:
- 53036
- Latitudine:
- 43.4674961760742
- Longitudine:
- 11.1460066889897
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Abitazione privata
- Data di collocazione:
- Informazione non reperita
- Materiali (Generico):
- Marmo
- Materiali (Dettaglio):
- Targa di marmo tenuta da supporti in metallo
- Stato di conservazione:
- Sufficiente
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune di Poggibonsi
- Notizie e contestualizzazione storica:
- La lastra ricorda Dino Bellucci, protagonista di un episodio di rappresaglia avvenuto a Genova, il 14 gennaio 1944.
Dino Bellucci era nato nella frazione di Papaiano nel 1911 da due braccianti. Negli anni '30 la famiglia si trasferì in paese. Dino frequentò le scuole fino a laurearsi in lettere presso l'Università di Firenze. Nel 1941 fu assunto presso il Convitto Nazionale "Cristoforo Colombo" e l'anno successivo entrò in contatto con ambienti antifascisti. Dopo l'armistizio si occupava della stampa del Partito Comunista Italiano. Fu arrestato ai primi del gennaio 1944, in seguito ad una serie di arresti, e portato nel carcere di Marassi. Precedentemente a Genova vi era stato un assalto condotto da Giacomo Buranello ed un compagno dei GAP contro due ufficiali tedeschi in via XX Settembre.
In seguito al fatto la notte del 13 gennaio Bellucci venne convocato dal Prefetto di Genova il Tribunale Militare Speciale e all'alba vennero condannati a morte per fucilazione otto detenuti politici delle carceri di Marassi, che furono immediatamente prelevati e portati al Forte di San Martino. Tra di essi il poggibonsese Dino Bellucci, Giovanni Bertora, tipografo, Giovanni Giacalone, straccivendolo, Romeo Guglielmetti, falegname, Amedo Lattanzi, giornalaio, Luigi Marsano, saldatore elettrico, Guido Mirolli, oste e Giovanni Veronelli, falegname. Il Tenente dei Carabinieri Giuseppe Avezzano Comes e il plotone ai suoi ordini si ribellarono all’ordine. Bellucci e i compagni vennero uccisi dagli ufficiali delle SS.
Furono chiamati i Carabinieri e si richiese il loro intervento per una questione di ordine pubblico. Ma quando il tenente Giuseppe Avezzano Comes giunse assieme a venti uomini e capì che dovevano fucilare otto uomini si rifiutò di ordinare di sparare. I repubblichini ordinarono ai carabinieri di fucilare gli ostaggi, ma questi spararono in aria. Dino Bellucci, che non aveva voluto la benda, disse ai carabinieri che la fucilazione era inevitabile e li sollecitò a sparare: <>.
Subito dopo i repubblichini fecero mettere i prigionieri a due a due uno di fronte all'altro e li uccisero a colpi di mitra e di pistola.
Il tenente dei carabinieri Comes fu liberato e riuscì a tornare al comando, dove fece rapporto e stracciò l'elenco dei componenti del plotone per salvaguardarli. In seguito fu trasferito ad Albenga, e dopo un un primo interrogatorio fu arrestato e deportato in Germania, da cui tornerà alla fine della guerra. Nei giorni seguenti alla fucilazione del forte di San Martino, furono arrestati e deportati in Germania 42 antifascisti.
L'episodio, dopo la guerra, fu classificato come "crimine di guerra per rappresaglia".
Nel 1948 furono celebrate le esequie di Dino Bellucci alla presenza dei genitori.
Il fatto è ancora molto sentito nella città di Genova che ha intitolato anche una via a Dino Bellucci e si celebra un evento cui partecipa anche una rappresentanza cittadina.
A Poggibonsi, oltre alla lastra commemorativa, a Dino Bellucci è stato intitolato il Largo Bellucci che si trova in quello che, fino a pochi anni fa, era il nodo viario principale della cittadina (incrocio tra la via Cassia e la ferrovia) e, da alcuni anni, il tratto è pedonale.
Contenuti
- Iscrizioni:
- QUI VISSE
PROF. DINO BELLUCCI
NATO IL 14 XII 1911
NELLA FRAZIONE DI PAPAIANO
DA MODESTA FAMIGLIA.
FUCILATO DAI NAZI-FASCISTI
NEL FORTE DI S. MARTINO
IN GENOVA
IL 14 GENNAIO 1944
- Simboli:
- Informazione non reperita
Altro
- Osservazioni personali:
- Informazione non reperita