PERUGIA – Il giorno 25 febbraio 2015 noi alunni della III B, della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Perugia 14, abbiamo fatto un’uscita pomeridiana presso l’archivio della diocesi di Gubbio nel quale siamo andati alla ricerca di documenti riguardanti i cappellani militari durante la prima guerra mondiale. All’arrivo la dottoressa Anna Maria Trepaoli, direttrice dell’archivio, ci ha accolto con molto entusiasmo e, dopo averci presentato gli studiosi che ci avrebbero guidato alla scoperta dei documenti che ci interessavano, ha lasciato la parola al Vescovo di Gubbio Mons. Mario Ceccobelli. Mons. Ceccobelli ci ha ricordato che per alcuni anni, prima di diventare Vescovo, era stato parroco di Ponte Felcino e per questo ha voluto conoscerci uno per uno e ci ha detto che era importante quello che stavamo facendo perché non bisogna dimenticarci di coloro che hanno sofferto e sono morti per la nostra patria.
“Cappellani militari nella prima guerra mondiale”
Il primo a parlarci dei preti-soldato è stato il bibliotecario dott. Filippo Paciotti il quale ci ha spiegato che il cappellano militare, detto anche castrense, era presente solo nell’esercito italiano e non va confuso con i militari ecclesiastici che combatterono nella prima guerra mondiale. Questi ultimi erano tutti i ragazzi che avevano scelto di diventare sacerdoti o frati ma che, allo scoppio della guerra, erano ancora studenti e che quindi furono costretti a usare le armi.
Il ruolo dei cappellani militari era diverso, essi dovevano prendersi cura delle esigenze spirituali dei soldati: confessare, celebrare le sante Messe e impartire l’unzione degli infermi. Un altro compito che questi sacerdoti svolsero fu quello di aiutare i soldati che, essendo per lo più analfabeti, avevano bisogno di scrivere lettere a casa o leggere quelle che gli arrivavano.
Nel 1915 venne realizzato anche un importante periodico informativo per i cappellani militari intitolato ciotti ci ha “Il prete al campo”; nell’archivio della diocesi di Gubbio se ne conserva la serie completa.
Il signor Pa fatto vedere anche delle rare lastre fotografiche in vetro risalenti alla prima guerra mondiale che ritraggono soldati in combattimento e anche molti morti.
“Mons. Beniamino Ubaldi da cappellano militare a Vescovo di Gubbio”
Tra i cappellani militari della prima guerra mondiale ci fu anche Monsignor Beniamino Ubaldi che nel 1932 sarebbe diventato Vescovo di Gubbio. Della sua esperienza militare ci ha parlato la bibliotecaria dottoressa Anna Radicchi che ci ha mostrato anche una notevole quantità di documenti di mons. Ubaldi conservati nell’archivio e risalenti al quel periodo storico: il libretto personale militare dove c’è scritto che faceva parte della 9^ compagnia e il suo numero di matricola era 8788, il tesserino militare di riconoscimento numero 57397 con la foto, rilasciato nel luglio del 1917, dove risulta che don Ubaldi aveva il grado di tenente cappellano. Ci ha anche mostrato vari quaderni che il sacerdote ha utilizzato come diari dove ha annotato i drammatici eventi della sua esperienza di guerra e la dottoressa Anna ce ne ha letti alcuni passi. Da ultimo ci ha fatto vedere anche il suo testamento fatto prima di partire per la grande guerra. Ci ha anche detto che, Monsignor Ubaldi, quando era Vescovo di Gubbio, durante la seconda guerra mondiale, si era offerto al posto dei quaranta eugubini arrestati dai tedeschi che però non vollero prenderlo e uccisero i quaranta martiri. Mons. Ubaldi fu ed è ancora molto amato dagli abitanti di Gubbio e quest’anno ricorre il cinquantenario dalla morte.
“La tregua di Natale del 1914”
L’aiuto archivista dott. Giorgio Cardoni, ci ha raccontato una storia vera di pace durante la guerra accaduta sul fronte occidentale e precisamente in Belgio, da una parte c’erano i tedeschi e dall’altra i francesi e gli inglesi. Era la vigilia di Natale del 1914, dopo una giornata di violenti combattimenti la sera sul fronte scese il silenzio; quando si fece notte si sentì un canto in tedesco ”Silent night” (Astro del ciel). Gli inglesi cominciarono a vedere qualche cosa di strano, degli alberi che si illuminavano, erano i soldati tedeschi che con dei lumini avevano cominciato a fare degli alberi di Natale. Gli inglesi iniziarono anche loro a cantare canti natalizi e uscirono dalle trincee per andare verso i nemici, non per sparargli, ma per darsi la mano, per abbracciarsi e per farsi gli auguri. Si scambiarono anche i regali: chi un sigaro, chi qualche dolce. La mattina seguente, giorno di Natale, si incontrarono nuovamente e organizzarono una partita di pallone.
Un soldato inglese scrisse a casa “Questi non sono barbari selvaggi di cui abbiamo tanto letto, sono uomini con case e famiglie, con paure e speranze e si amor patrio, insomma sono uomini come noi…”
“I matti di Gubbio sul Col di Lana”
Il Dottor Giacomo Andreoli Marinelli, direttore di TELEGUBBIO” ci ha poi raccontato una storia che ha dell’incredibile e che solo quei matti degli eugubini potevano fare, correre la corsa dei ceri al fronte. L’evento ebbe un cronista importante il pittore perugino Gerardo Dottori che racconta” Il 15 maggio 1917 pur non essendo il giorno di Natale le armi cessarono”: gli piace ricordare che anche gli austriaci capirono che quel giorno non doveva essere macchiato dalla morte. I soldati eugubini avevano costruito tre ceri e li avevano portati in cima al Col di Lana con l’intenzione di fare la corsa a loro tanto cara. Scrive ancora il Dottori “Un cappellano benedisse ceri e ceraioli i quali, in grigio-verde, con un fazzoletto rosso al collo e al canto della famosa marcia dei ceraioli, issarono le tre grandi costruzioni e si slanciarono su per l’erta mulattiera del Col di Lana che conduce a Salesei……tutti si lanciarono all’inseguimento dei – matti di Gubbio -…e ognuno voleva raggiungere uno dei ceri per poter dare il cambio, la – spallara – ai portatori, tutti erano pervasi da una commozione profonda che provocava lacrime…. Da un entusiasmo travolgente per cui tutti correvano su per la faticosa via a zig-zag, che in venti minuti fu superata, e il cero del santo protettore di Gubbio, S. Ubaldo, toccò la piccola spianata della baracca blindata dove risiedeva il comando del 51° fanteria. Un vero assalto – incruento – al Col di Lana, al quale però nessun ostacolo, anche cruento, avrebbe potuto resistere, tanto fu l’entusiasmo che si propagò rapidamente a tutti i convenuti”. Alcuni anni fa il dottor Marinelli assieme al Vescovo di Gubbio Mons. Mario Ceccobelli e ad una delegazione di eugubini, sono tornati sul Col di Lana e, dopo una S. Messa, hanno lasciato, in ricordo dell’evento, una statua di S. Ubaldo
“Gaetano Leonardi un giovane mai più tornato”
Marzia e Alessandro Leonardi hanno raccontato le vicende di guerra di loro zio Gaetano, sottotenente di fanteria partito giovanissimo per il fronte, ma purtroppo morto in battaglia sul fiume Isonzo. Ci sono stati mostrati molti documenti che ancora i familiari conservano gelosamente in casa: fotografie, quaderni utilizzati da Gaetano come diari di guerra, un telegramma nel quale chiedeva al padre di inviargli denaro e biografie dalle quali ci sono state lette alcune pagine che ci hanno particolarmente colpito: in una dichiarava di non temere i nemici perché non erano bravi nell’uso delle armi. La madre, prima che Gaetano partisse per la guerra, per essere sicura che il figlio fosse vivo, gli chiese di inviargli ogni giorno una lettera con la sua firma. Purtroppo un giorno non arrivò nulla e nemmeno i giorni successivi, la madre capì che Gaetano era stato ucciso e per colmare il vuoto di quella grande perdita cominciò a mettere da parte tutte le sue cose. I genitori affinché la memoria del figlio non andasse perduta fecero delle pubblicazioni biografiche ma soprattutto istituirono una borsa di studio in suo nome da assegnare ogni anno agli studenti più meritevoli del liceo Mazzatinti di Gubbio, borsa di studio ancor oggi in vigore.
“Dal nipote al nonno”
L’ultima nostra guida è stato Giacomo Faramelli che ci ha raccontato come sia nato per caso il suo interesse alla prima guerra mondiale. Egli, volendo sapere qualche cosa del nonno Raffaele, ha scoperto che aveva partecipato alla grande guerra. Da qui ha iniziato una ricerca che lo ha portato a ricostruire il drammatico percorso fatto da oltre 3.000 soldati italiani dopo la sconfitta di Caporetto; per farci capire quanto avevano camminato ci ha detto che avevano percorso a piedi una distanza simile a quella tra Perugia e Gubbio ripetuta 10 volte. Essi, credevano di andare verso le retrovie italiane, in realtà si trovarono in mezzo tra austriaci e tedeschi; di tutti quei giovani militari italiani si salvarono in meno di cinquecento, tra questi fortunatamente anche nonno Raffaele.