Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- Strada Rorine
- CAP:
- 12051
- Latitudine:
- 44.689649649383
- Longitudine:
- 8.0235445276127
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Lato strada
- Data di collocazione:
- Novembre 2013
- Materiali (Generico):
- Marmo, Pietra, Altro
- Materiali (Dettaglio):
- Marmo per la lapide su cui è incisa l’epigrafe. Metallo per la struttura curvilinea. Pietre per le formelle rettangolari che pavimentano il basamento del cippo.
- Stato di conservazione:
- Ottimo
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune di Alba
- Notizie e contestualizzazione storica:
- Il 10 Ottobre 1944 la città di Alba venne occupata senza colpo ferire dai partigiani. Si trattava in prevalenza dagli “autonomi” della II Divisione “Langhe”, facenti a loro volta parte del 1° Gruppo Divisioni Alpine agli ordini del maggiore degli alpini Enrico Martini (“Mauri”), ma non mancavano piccole aliquote di garibaldini e giellisti. Nelle settimane precedenti Alba e, principalmente, la sua periferia, era stata sottoposta a continui attacchi notturni dei partigiani che tendevano a colpire i posti di blocco e le caserme nemiche. Così, tramite la mediazione della Curia, nella persona del vescovo mons. Luigi Maria Grassi, i fascisti del Battaglione “Cadore”, al comando del tenente colonnello Ippolito Radaelli, lasciarono in buon ordine la città con tutto il loro armamento.
La presa di Alba, a cui furono contrari i partigiani garibaldini, rivestì una valenza politica e di prestigio per “Mauri” e i suoi, pur consapevoli dei loro mezzi limitati e di non poter resistere a lungo ad un attacco nemico. Cosa che avvenne, infatti, il 2 Novembre 1944.
Dal libro di Michele Calandri e Marco Ruzzi “Con la guerra in casa. La provincia di Cuneo nella Resistenza 1943/1945”, Ist. Storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo, Primalpe, Cuneo 2016:
(…) “Mauri” affida il progetto difensivo ai luogotenenti “Carletto” (Carlo Alberto Morelli, comandante della piazza di Alba, NdS) e “Fede” (Enzo Bramardi, incaricato della difesa di Alba, NdS). Quest'ultimo, arrivato solo da qualche giorno, applica uno schema difensivo abbastanza semplice e intuitivo e d'altronde, visto l'arduo compito, non avrebbe potuto fare di meglio.
Sulle colline comprese fra Verduno (Cn) e la Cantina di Roddi (Cn) si schiera il grosso della 48a Brigata Garibaldi “Dante Di Nanni”, per vigilare sulla rotabile Verduno-Roddi. Di fronte, dopo la strada, si apre l'area allagata e minata, contigua al Tanaro, prolungata sino alle vicinanze del Cimitero di Alba. Intorno alla città vigilano, a iniziare dal lato ovest, la 1a Brig. “Castellino” (1a Divisione autonoma “Langhe”), poi, in senso orario, la Brig. “Alba” (autonoma), con alle spalle ridosso del centro abitato, la Brig. “Canale” (2a della 2a Divisione autonoma “Langhe”) e successivamente, ai piedi delle colline, la Brig. “Belbo” (1a della 2a Div. autonoma “Langhe”). Il lato ovest prevede anche sbarramenti e interruzioni stradali poi non effettuati o svolti solo parzialmente. Completa lo schieramento, fra Neive (Cn) e Castagnole Lanze (Cn), per sorvegliare il Tanaro la 98a Brig. Garibaldi “Martiri di Alessandria” di Giovanni Rocca (“Primo”). Indicativamente una forza di 800 partigiani per difendere un perimetro di circa tre chilometri: un uomo ogni quattro metri, con una dotazione assai ristretta di armi di squadra. Presupponendo come probabile l'arrivo dei fascisti da Pollenzo (frazione di Bra, NdS) (come effettivamente avvenne), si munisce in modo particolare tale direttrice, sperando che interruzioni e ostacoli siano sufficienti a rallentare la marcia, esponendoli il più a lungo possibile al tiro garibaldino proveniente dalle colline fiancheggianti la strada Verduno-Cantina di Roddi. In tal modo avrebbero cozzato contro quella che si ritiene essere la migliore Brigata a disposizione di “Mauri”, la “Castellino”, già provati e stanchi, per cui sarebe stato più facile reggerne l'urto e ritardarne l'entrata in Alba, poiché nessuno si illude circa le sorti conclusive dello scontro. Una soluzione alternativa alla resistenza cittadina si sarebbe potuta concretizzare attuando gruppi mobili in grado di molestare il nemico sui fianchi e poi scivolare lungo il suo schieramento.
I fascisti (unicamente loro, il sostegno germanico si limita al riattamento e alla sorveglianza del ponte sul Tanaro a Pollenzo, non sufficientemente distrutto) hanno invece un piano che, seppur non troppo articolato, è funzionale e si fonda sul presupposto che i partigiani avrebbero accettato di lasciarsi agganciare in combattimenti ravvicinati. La spinta principale avviene sull'asse Roddi-Alba, con il concorso di puntate secondarie che devono attraversare il fiume più a valle, una nei dintorni di Piana Biglini (Alba), la successiva dopo il ponte ferroviario e l'ultima all'altezza della galleria “Ghersi” (galleria ferroviaria tra Alba e Neive, NdS). Il sostegno di artiglieria è a Piana Biglini e in una località non troppo distante da Case Patrita. Il segmento più solido è formato da due compagnie delle Brigate Nere, una della G.N.R., un plotone della X Mas, per un totale di 300 combattenti che all'altezza della Cantina di Roddi si scinde orientandosi verso due direttrici, una in direzione di Porta Savona e l'altra verso Porta Cherasca. Un gruppo meno numeroso, deve investire l'abitato frontalmente da Porta Tanaro e due unità più ridotte attaccano da Corso N. Bixio, provenendo dal Tanaro e dalla galleria ferroviaria “Ghersi”. I fascisti impiegano in tutto 3000 uomini anche se quelli realmente coinvolti nei combattimenti sono molti meno forse il 50%.
La battaglia dura, grosso modo, dalle 8:00 alle 12:00-12:30 del 2 Novembre poi la resistenza si conclude, spezzandosi in scontri isolati: ai partigiano scarseggiano le munizioni e le armi, mentre l'artiglieria avversaria, pur non avendo fatto molti danni, ne martella le posizioni, contribuendo non poco a fiaccarne il morale. Intelligentemente “Fede” non si lascia irretire dall'idea della “Stalingrado” piemontese e prima che gli scontri arrivino in città, sottoscrive l'ordine di ritirata: alle 14:00 Alba è ripresa dalla task force repubblicana. La loro superiorità è evidente e per certi versi prevedibile e comprensibile: Salò ottiene una vittoria resa ancor più memorabile dall'assenza degli alleati germanici. Le riserve sono da indirizzarsi semmai alla superficialità con cui i vertici della Resistenza gestiscono l'intera vicenda e infatti il C.L.N. avvia un'inchiesta. Si evidenzia una sproporzione fra le formulazioni un poco roboanti della dirigenza partigiana e l'insufficienza di un piano difensivo studiato in economia, più per una formalità che per reale volontà di opporsi all'avversario: nessuno muove in soccorso dei difensori di Alba, nonostante il grosso delle forze “autonome” gravitasse non lontano, fra Rocca Cigliè (Cn), Igliano (Cn) e Castellino Tanaro (Cn). Non si svolgono azioni di disturbo contro le colonne fasciste (probabilmente previste dai militari repubblicani e ciò spiegherebbe l'elevata disparità di forze in campo) e neppure lo spirito garibaldino smuove le acque: la 48a Brig. Garibaldi viene lasciata sola; non portano soccorso né la 98a Brig. Garibaldi sistemata tra Neive e Castagnole delle Lanze (Cn), né la 16a Brig. Garibaldi “gen. Giuseppe Perotti”.
E' come se nessuno volesse legare il proprio nome alla ritirata da Alba.
(…) Le vicende della “capitale delle Langhe” chiudono definitivamente la pagina della grande stagione partigiana e i mesi successivi saranno di profonda crisi: umana, motivazionale, organizzativa e militare”.
Sulla morte di Giovanni Daziano, caduto durante questi scontri, la citazione/testimonianza del partigiano Renzo Cesale (“Renzo di Castellino”) tratta dal suo libro “Alba Libera” citata nel volume “Strade delle memorie partigiane. Itinerario Città di Alba. Medaglia d'Oro al Valor Militare”, Città di Alba, Anpi sezione di Alba, Ass. Colle della Resistenza, L’Artigiana, Alba 2017:
“Alle 12:40 ci eravamo ritirati presso Villa Miroglio, quando “Ivan” in testa a tutti mi chiese di portargli una cassetta di munizioni; poi avanzò nel campo sotto la villa presso un melograno, per mettere a tacere una mitraglia fascista che ci stava centrando. Ma all'improvviso vedemmo una pattuglia fascista che avanzava e non sentimmo più la sua arma. Era stato colpito alla fronte, cadendo morto sull'arma”.
• Giovanni Daziano (“Ivan”), nato l'8 Ottobre 1919 a Carrù (Cn), residente a Mondovì (Cn); operaio. Partigiano appartenente alla 1a Brigata “Castellino”, 1a Divisione autonoma “Langhe”. Caduto in combattimento contro i fascisti presso Villa Miroglio, ad Alba, il 2 Novembre 1944. Medaglia d'Argento al Valor Militare “alla Memoria”.
Dati biografici desunti da “Vite spezzate”, database dei Caduti della e nella provincia di Cuneo durante la II Guerra Mondiale consultabile nel sito dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo e dalla banca dati del partigianato piemontese consultabile sul sito dell’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea “Giorgio Agosti” di Torino (Istoreto).
Contenuti
- Iscrizioni:
- Qui il 2 novembre 1944
cadde il partigiano
GIOVANNI DAZIANO
“IVAN”
nato l’8 ottobre 1919
“Difesero Cascina Miroglio e,
dietro di essa, la città di Alba
per altre due ore,
sotto quel fuoco e quella pioggia”
Beppe Fenoglio
MEDAGLIA D’ARGENTO
AL VALORE MILITARE
Novembre 2013
- Simboli:
- Informazione non reperita
Altro
- Osservazioni personali:
- Coordinate Google Maps: 44.689622, 8.023511