Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- Strada Provinciale 51
- CAP:
- 12058
- Latitudine:
- 44.7106714
- Longitudine:
- 8.1916882
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Lungo un muro in pietra che costeggia la Strada Provinciale 51.
- Data di collocazione:
- Informazione non reperita
- Materiali (Generico):
- Bronzo, Marmo, Altro
- Materiali (Dettaglio):
- Marmo per la lapide. Vernice di colore nero a riempire i caratteri dell’epigrafe. Ceramica per il fotoritratto del Caduto. Bronzo per la cornice che ne racchiude l’immagine. Piastrelle smaltate per il ripiano. Ferro per la grata di protezione.
- Stato di conservazione:
- Ottimo
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune di Santo Stefano Belbo
- Notizie e contestualizzazione storica:
- Per la vicenda relativa allo scontro tra partigiani e fascisti avvenuto a Valdivilla il 22 Febbraio 1945 e che causò la successiva fucilazione di Dario Scaglione, mi sono avvalso della narrazione che ne ha fatto Giovanni Scavino, presente sul suo blog all'indirizzo: http://gbgb.altervista.org/RaccontiTesto/L'epilogo.htm .
L'Autore cita come fonte di riferimento il volume di Renzo Amedeo “Dove liberi volarono i falchi. La Resistenza tra Belbo, Bormida, Tanaro e Langhe”, Associazione partigiani autonomi “Langhe – Monferrato” Asti, Comunicazione S.n.c., Bra (Cn), 1985.
Miei sono alcuni tagli e modifiche del testo.
Con altri cinque partigiani, il 24 Febbraio 1945, Giovanni Balbo (“Pinin”) (...) aveva seguito una colonna di repubblichini che, a piedi, stavano percorrendo lo stradone sul crinale delle colline sopra la valle del Belbo (1). Lui e il suo gruppo erano nascosti in una cascina (2), qualche chilometro dopo il paese di Mango, ed erano state le vedette partigiane ad avvistare quegli uomini, circa un centinaio di unità, diretti a Santo Stefano Belbo, dove avrebbero poi proseguito con dei camion fino a Canelli, sede del loro presidio.
Tutti quei militi erano saliti fin lassù soprattutto con lo scopo di impossessarsi del materiale che gli aerei alleati avevano lanciato ai partigiani in quei giorni, ma ora mestamente stavano tornando alla loro base, non essendo riusciti nel loro intento, poiché il materiale era già stato occultato dai partigiani, che si erano anche ben sparpagliati e nascosti. La loro lunga colonna era chiusa da alcuni camion che trasportavano le armi pesanti, mitragliatrici e mortai e che avrebbero anche dovuto trasportare il bottino conquistato.
Dopo l’avvistamento della colonna, “Pinin” aveva deciso di propria iniziativa di uscire dal suo rifugio e di seguirla a distanza. Per muoversi più rapidamente, lui e i suoi uomini avevano utilizzato delle biciclette, dovendo percorrere lo stradone che a quei tempi non era ancora asfaltato, ma era percorribile con quei mezzi. (…) (3)
Appena passate le case del paese di Valdivilla, i partigiani lasciarono le biciclette, di cui si erano serviti, sotto una tettoia (4) di fronte ad una chiesetta (5), per proseguire a piedi, sempre sullo stradone, forse per il timore di essersi troppo avvicinati ai loro nemici. Il loro intento non era quello di attaccare l’intera colonna: ovviamente in sei non avrebbero potuto farlo; l’evenienza, però, che una parte dei fascisti si potesse fermare, o attardarsi, si poteva sempre verificare, e allora, in quel caso, un attacco sarebbe anche stato possibile. (…) (6)
In effetti, le circostanze vollero che la retroguardia della colonna, una ventina di unità, si fosse fermata nell’osteria di Valdivilla, forse per mangiare qualcosa. Dopo una curva cieca (7), quindi, i partigiani si trovarono davanti al gruppo dei ritardatari, e lo scontro, repentino e violento, fu inevitabile.
(Ma) è anche possibile che la retroguardia della colonna si fosse fermata in quel luogo, molto adatto ad una contro-imboscata, proprio per fare una sorpresa a eventuali partigiani inseguitori.
A distanza ravvicinata furono subito esplosi innumerevoli colpi di mitra e di fucile. Giovanni Balbo (8) e un altro partigiano, Angelo Destefanis (“Oscar”) (9), caddero quasi subito, colpiti a morte sullo stradone: nonostante fosse stato proprio “Pinin” ad aver avuto la reazione più pronta. Anche i repubblichini subirono diverse perdite; ma poi la sparatoria continuò senza che ci fosse la possibilità, per i partigiani o per i repubblichini, di avere il sopravvento.
I militi si erano asserragliati nelle case a fianco dello stradone (10) e tenevano sotto tiro tutto lo spazio antistante, fino alla curva e per i partigiani ancora vivi, riuscire a togliersi da quella posizione era l’unica cosa da fare. Giulio Cordara (“Giulio”) (11) e Riccardo Sandri (12) (“Emiliano”), ci riuscirono solo dopo un po', quando altri partigiani provenienti dal paese vicino, sentiti gli spari, vennero in loro aiuto aprendo il fuoco da una certa distanza (13) con un paio di mitragliatrici (14).
Per Settimo Borello (“Set”), che era ferito ad una gamba, non ci sarebbe stata, invece, nessuna possibilità di muoversi dal luogo in cui era, se non l’avesse aiutato Dario Scaglione (“Tarzan”), giovane partigiano di Valdivilla, il quale, ancor prima che Cordara e Sandri riuscissero a sganciarsi, lo aveva trascinato fin oltre la curva, nella cunetta a lato dello stradone, fuori del tiro nemico. Lo aveva quindi trasportato caricandoselo sulle spalle, e poi utilizzando un carretto che probabilmente aveva individuato in una piccola grotta scavata nel tufo, proprio di fianco allo stradone, dove i contadini depositavano gli attrezzi del loro lavoro, per ripararli dalla pioggia e per averli più comodamente a disposizione.
I due partigiani si rifugiarono poi in una casa poco distante da Valdivilla (15), paese che Scaglione ben conosceva; e lì qualcuno pulì e fasciò la ferita di Borello. Avrebbero cercato di raggiungere gli altri compagni a Mango, ma la donna che li aveva ospitati li convinse che era il caso di aspettare. Loro avrebbero badato al suo figlioletto e lei sarebbe andata in paese a vedere se la strada era libera.
Nel frattempo, gli altri uomini della colonna, sentiti gli spari, ritornarono indietro per aiutare i propri compagni. Arrivati sul luogo dello scontro aprirono a loro volta il fuoco: e fu proprio il riaccendersi della sparatoria, – simultanea al fuoco dei soccorritori dei partigiani, – che permise, nella gran confusione che si era creata, il fortunoso sganciamento di Cordara e Sandri. Successivamente, il combattimento proseguì ancora per un po', ma le forze in campo erano troppo impari. I partigiani, alcuni feriti, si ritirarono; uno di loro, Pasquale Praiuso, fu fatto prigioniero e a Canelli, dove fu poi portato, nei giorni seguenti fu fucilato (16).
A mezzogiorno, non più di un’ora dopo l’inizio dello scontro, tutto era finito e i fascisti, dopo aver caricato, prima su un carro trainato da un bue e poi su dei camion, i loro morti e i due partigiani, Balbo e Destefanis, caduti sullo stradone (17) iniziarono un rastrellamento nella zona circostante. Avevano individuato le tracce del sangue di Borello: le seguirono e sorpresero “Tarzan” e “Set” nella casa dove si erano rifugiati.
Scaglione in quella circostanza rinunciò a sparare, proprio perché in casa c’era la donna, con il suo bambino, che li aveva ospitati e una sparatoria avrebbe causato inevitabilmente il loro ferimento o la loro morte. Lei era appena tornata e aveva comunicato ai due partigiani che i militi non erano in paese e che la strada, al momento, era ancora libera. Dal piano superiore, pur avendo a tiro i repubblichini, “Tarzan” gettò il mitra e si arrese. Catturato con Borello, fu portato sul luogo dello scontro e, sullo stradone, fra le case e un muro di pietre, fu fucilato. In quel luogo, sul muro, c’era una piccola nicchia contenente un’immagine sacra; oggi c’è anche una lapide con una sua fotografia, per ricordarne il sacrificio.
Settimo Borello fu portato a Canelli e lì il giorno dopo, 23 Febbraio 1945, fu fucilato anche lui. Lo portarono vicino al Cimitero e gli spararono dopo averlo adagiato per terra; in piedi non poteva stare a causa della ferita alla gamba.
“Tarzan”, fino alla fine, dimostrò gran forza d’animo; e persino alcuni repubblichini, parlando fra di loro, qualche giorno dopo a Canelli di lui ebbero a dire: “Un ragazzo così in gamba meritava una medaglia per quello che ha fatto, non di morire”. Dario Scaglione aveva solo diciannove anni e fu forse anche per questo che, prima di ucciderlo, i repubblichini gli concessero il conforto di un prete (18) e gli permisero di scrivere un bigliettino ai suoi famigliari (19).
Finita la guerra, “Pinin” Balbo, dal Cimitero di Canelli dove era stato sepolto, fu portato nel Cimitero di Cossano Belbo (Cn) e un drappello di partigiani seguì il suo feretro che fu avvolto in una bandiera tricolore. Prima della tumulazione, quel gruppo d’onore sparò due salve di fucile.
Giovanni Balbo era il papà di Piero (“Poli”) il comandante della 2ª Divisione “Langhe”, che aveva in “Pinin” stesso una delle figure più autorevoli e attive.
“Poli”, nei giorni dello scontro, non avrebbe dato l’ordine di attaccare i fascisti, poiché quell’azione sarebbe stata troppo pericolosa. Suo padre aveva agito di propria iniziativa, ed era stato il destino a provocare quel combattimento. (...)
I Caduti:
• Dario Scaglione (“Tarzan”), nato il 2 Marzo 1926 a Valdivilla di Santo Stefano Belbo, residente ad Alba; magazziniere. Partigiano prima nella 16a Brigata Garibaldi “gen. Giuseppe Perotti” dove, grazie al suo ascendente verso i compagni di lotta, si era guadagnato il grado di caposquadra, poi, a far data dal 17 Settembre 1944, nella 5a Brigata autonoma “Belbo” della 2a Divisione autonoma “Langhe”, sempre con lo stesso grado. La sua decisione non è da attribuirsi a scelte politiche bensì a semplici motivi di amicizia e conoscenza ed in particolare al fatto che nella Brig. “Belbo”, comandata da “Poli” santostefanese pure lui, militavano per lo più giovani compaesani dello stesso Scaglione. Su Dario Scaglione coraggioso e valoroso partigiano, sulle sue temerarie azioni contro i tedeschi, esistono numerose testimonianze raccolte per l'attribuzione della medaglia d'Argento al Valor Militare “alla Memoria”.
• Giovanni Michele Balbo (“Pinin”), nato il 16 Novembre 1888 a Cossano Belbo, ivi residente; capitano di lungo corso poi esattore comunale. Partigiano appartenente al Comando della 2a Div. Autonoma “Langhe”. Nella banca dati del partigianato piemontese presente sul sito dell’Istoreto, l’anno di nascita indicato è quello del 1889 ed il grado rivestito quello di commissario politico di Divisione. Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla Memoria”.
• Settimo Borello (o Burello) (“Set”), nato il 22 Marzo 1925 a Neive (Cn), residente a Mango (Cn), artigiano. Caposquadra della 5a Brig. autonoma “Belbo”, 2a Div. autonoma “Langhe”. Nella banca dati del partigianato piemontese presente sul sito dell’Istoreto il comune di nascita riportato è quello di Mango ed il nome di battaglia sarebbe quello di “Settimo Massimo”. In “Vite spezzate” risulta fucilato a Canelli il 24 Febbraio 1945, mentre sulla relativa scheda dell’Istoreto, come caduto in combattimento a Santo Stefano Belbo il 26 Febbraio 1945.
• Angelo Destefanis (o De Stefanis) (“Oscar”), nato il 18 Ottobre 1921 a Canelli (At), ivi residente. Partigiano della 5a Brig. autonoma “Belbo”, 2a Div. autonoma “Langhe”.
• Pasquale Praiuso, nato nel 1922 a Rionero in Vulture (Pz), partigiano appartenente alla 7a Brig. autonoma “Rocca d’Arazzo”, 2a Div. autonoma “Langhe”.
NOTE:
1. Prima dell’alba di questo giorno i fascisti del 3° Gruppo esplorante della Divisione Fanteria di Marina “San Marco”, di stanza a Canelli, si erano portati a Mango (Cn) e nella sua frazione di San Donato.
2. Alle Dornere di Camo, nel territorio di Santo Stefano Belbo.
3. Le biciclette sono state fornite dalla famiglia di Maggiorino Marino, gestore della rivendita di Riforno di Mango, che le ha prese ad alcuni abitanti del paese, dopo che i fascisti avevano sostato presso il loro locale per mangiare. “Pinin” venne sconsigliato dal Marino dall’attaccare la colonna nemica, forte di un centinaio di soldati, ma questi aveva risposto che i partigiani non potevano sempre scappare ed aveva aggiunto, scherzoso, che non avrebbe permesso che i fascisti bucassero le loro nuove divise di fattura inglese, provenienti dall’aviolancio degli alleati.
4. Quella della Cascina Pultrin, vicino al bivio per Castiglione Tinella (Cn).
5. Si tratta della Cappella di San Rocco, ora sconsacrata ed adibita a circolo sociale.
6. Il gruppo di partigiani aveva visto un contadino intento a lavorare in un campo e, a gesti, avevano cercato di sapere da quanto tempo erano passati i fascisti. L’uomo aveva fatto cenno di non capire e, forse, per non volersi compromettere, si era poi allontanato.
7. A circa cento metri dalla Cascina Scarone.
8. Colpito al petto in mezzo alla strada, di fronte al cancello della Cascina Scarone.
9. Destefanis, ferito ad una gamba, aveva cercato di portarsi fuori tiro ma è era stato poi colpito mortalmente da una raffica lungo il sentiero per Castiglione Tinella.
10. I fascisti della retroguardia si sarebbero asserragliati nella cascina degli Scarone, dove il resto della colonna, al comando del tenente Ferruccio Maria Pastore, vi stava prelevando del vino.
11. Giulio Cordara (“Giulio”), nato il 10 Agosto 1925 a Canelli, partigiano appartenente al Comando della 2a Div. autonoma “Langhe”.
12. Riccardo Sandri (“Emiliano”), nato il 4 Aprile 1922 a Rocchetta Belbo, partigiano appartenente alla 2a Brig. autonoma “Belbo”, 2a Div. autonoma “Langhe”. Nella banca dati del partigianato piemontese presente sul sito dell’Istoreto, il suo nome di battesimo risulta essere quello di Erminio.
13. Dalla collina dove si trova la Cascina Brusà.
14. Erano i partigiani guidati da Piero Ghiacci, Franco Geraci e Novello Ameglio “Marini”, quest’ultimo comandante della Brigata “Rocca d’Arazzo”, che sparavano dalla collina di fronte alla Cascina Scarone.
15. Forse la Cascina Bouc.
16. Praiuso anziché raggiungere la Cascina Brusà, si era avventurato lungo la strada per Valdivilla dove era stato catturato.
17. I morti e i feriti fascisti erano stati caricati su di un camion, i due partigiani morti e quello ferito su di un carro trainato da buoi: sul corpo di “Pinin”, nudo, era stato messo un cartello con su scritto “Questo è un Balbo”. Tuttavia dal Diario storico del 3° Gruppo esplorante della Div. “San Marco” si apprende che l’unico caduto sarebbe stato il tenente Pastore, morto all’ospedale e con un solo ardito ferito leggermente. Corretto il numero dei partigiani morti, 5: ovvero i 3 a Valdivilla e gli altri 2 a Canelli.
18. Il parroco di Valdivilla, don Michele Torchio, che fu chiamato ad assisterlo nei brevi momenti che precedettero la fucilazione, ha scritto in merito a tale fatto la seguente dichiarazione: “Essendo stato io chiamato il 24 Febbraio 1945 ad assistere Scaglione Dario negli ultimi momenti precedenti la fucilazione decretatagli dai repubblichini, mi sento in dovere di dichiarare che l’ottimo giovane, che dimostrò fino alla fine forza d’animo non comune, aveva compiuto in quella giornata di combattimento una fra le più nobili azioni che si possano compiere sul campo di battaglia, quale fu quella di portare, sotto il grandinare di pallottole nemiche e per sentieri impervi, un povero compagno gravemente ferito in luogo più sicuro. Azione doppiamente encomiabile in quanto che, essendo stati scoperti e potendo egli salvare la vita con la fuga, preferì affrontare una morte certa anziché abbandonare il povero ferito. esempio più che raro di cameratismo militare e di carità cristiana”.
19. Questa breve lettera è stata pubblicata, per interessamento di Beppe Fenoglio e di Italo Calvino, fra quelle pubblicate nel libro “Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana” curato da Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli.
FONTI:
• Adriano Balbo “Quando inglesi arrivare noi tutti morti. Cronache di lotta partigiana: Langhe 1943-1945”, Blu Edizioni, Torino 2005.
• Banca dati del partigianato piemontese consultabile sul sito dell’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea “Giorgio Agosti” di Torino (Istoreto).
• Andrea Lombardi (a cura di) – “Controbanda! Storia e operazioni del III Gruppo esplorante arditi e della controbanda di Calice Ligure”, Ass. Culturale “Italia Storica”, Stampa CLU, Genova 2014
• “Strade delle memorie partigiane. Itinerario Città di Alba, medaglia d’Oro al Valor Militare”, Città di Alba, Anpi sezione di Alba, Ass. Colle della Resistenza, Centro Studi “Beppe Fenoglio”, L’Artigiana, Alba 2017.
• “Vite spezzate”, database dei Caduti della e nella provincia di Cuneo durante la II Guerra Mondiale consultabile nel sito dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo.
Contenuti
- Iscrizioni:
- L’EROICO E FULGIDO PATRIOTA
DARIO SCAGLIONE
“TARZAN”
SOCCORRENDO GENEROSAMENTE UN COMPAGNO
DI LOTTA E DI FEDE
QUI CADEVA FUCILATO DAI NAZIFASCISTI
IL 24 – 2 – 1945
IMMOLANDO LA SUA BELLA GIOVINEZZA
ALL’IDEALE DI PATRIA E LIBERTA’
- Simboli:
- Informazione non reperita
Altro
- Osservazioni personali:
- Coordinate Google Maps: 44.7106714, 8.1916882