268753 - Lastra a Giancarlo e Giorgio Puecher Passavalli M.O.V.M. – Milano

La lastra in memoria di Giancarlo Puecher e del padre Giorgio è posta sul luogo in cui sorgeva la loro casa, in via Broletto 39 di Milano, sopra la porta del palazzo. E’ in marmo dal colore ormai giallastro (probabilmente dovuto alla patina del tempo e dello smog), e riporta la scritta dedicatoria focalizzata agli ideali di Libertà ed Amore per la Patria che portarono Giancarlo, appena ventenne ma molto attivo nella lotta di Resistenza, alla fucilazione il 21 dicembre 1943 ad Erba (CO) ed il padre a morire di stenti nel campo di sterminio di Mauthausen il 17 aprile 1945.

 

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
Via Broletto, 39
CAP:
20121
Latitudine:
45.468257432551
Longitudine:
9.1854917595245

Informazioni

Luogo di collocazione:
Sopra al portone di ingresso del condominio dove i Puecher vissero fino al bombardamento della casa da parte degli Alleati (15-16 Agosto 1943) ed al conseguente sfollamento.
Data di collocazione:
Informazione non reperita
Materiali (Generico):
Bronzo, Marmo
Materiali (Dettaglio):
La lastra è in marmo, fissata alla parete con quattro borchie in bronzo, ai quattro angoli.
Il marmo della lastra era probabilmente bianco in origine, ma è attualmente ingiallito a causa della continua esposizione allo smog dell''area ristretta e fortemente trafficata dove è posto.
La scritta dedicatoria è a caratteri stampatello maiuscoli, ripassati in nero.
Stato di conservazione:
Sufficiente
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
(Fonte, riassunto: ISACEM: Biografie Resistenti – Puecher Passavalli Giancarlo )

Giancarlo Puecher nacque a Milano il 23 agosto 1923 da Giorgio e Anna Giannelli, primo di tre figli. Il padre, discendente da una famiglia aristocratica trentina, svolgeva nel capoluogo lombardo la professione di notaio. Sfollato, insieme alla famiglia, alla villa di proprietà a Lambrugo dopo che la casa in via Broletto fu bombardata dagli Alleati il 15-16 agosto 1943, ben presto dopo l'Armistizio Giancarlo decise di avvicinarsi alla cellula di antifascisti attivi in Brianza. Intessuti i primi contatti, fu tra i pochi ad attivarsi nel tentativo di predisporre una Guardia nazionale formata da militari sbandati e volontari, che si opponesse all’occupazione tedesca. Fu per iniziativa di Puecher, del suo compagno di azione Franco Fucci, ufficiale sbandato del 5° alpini, e di don Strada, che nei giorni appena successivi alla ratifica dell’armistizio si riunì un folto gruppo di volontari che si adoperò nella costituzione di una banda armata nella zona presso Ponte Lambro. Diverse furono le requisizioni di mezzi di trasporto e di carburante, strumenti utili per mantenere i contatti tra le diverse bande e coordinare le azioni di sabotaggio.
Il 12 novembre 1943 Puecher, insieme a Fucci, si trovò a percorrere, oltre l’orario di coprifuoco, la via che conduceva alla sua casa di Lambrugo. Furono fermati da una pattuglia di militi della Rsi nei pressi di Lezza. Essi si trovavano in quel momento armati, muniti di esplosivo e di alcuni manifesti di propaganda antifascista. Per questo motivo, mentre seguivano il drappello di militari, decisero di tentare la fuga ma, scoperti, dovettero ingaggiare uno scontro a fuoco nel quale Fucci venne ferito e Puecher venne ancora catturato e duramente percosso. Posto in stato di arresto, Puecher venne condotto in caserma e sottoposto a un durissimo interrogatorio per indurlo a svelare la sua identità e ricavare informazioni utili a individuare la sacca di Resistenza presente nel territorio. Pur dovendo subire numerose sevizie, non rivelò nulla di utile agli aguzzini e rifiutò sdegnosamente qualsiasi tentativo di trattativa. Visto il suo ostinato silenzio, per indurlo a parlare venne prelevato il padre dalla sua abitazione di Lambrugo e condotto anche lui nel carcere San Donnino di Como. A nulla valsero però intimidazioni, lusinghe e minacce: durante il periodo di detenzione Giancarlo Puecher rimase fermo nella sua volontà di non tradire i suoi compagni.
Il 21 dicembre successivo fu fatta circolare la notizia dell’uccisione in Brianza dello squadrista di Erba Germano Frigerio da parte di ignoti. Il prefetto di Como Franco Scassellati, avuti ragguagli sull’episodio, decise di adoperarsi affinché l’atto non restasse impunito ed istituì un tribunale militare speciale. Vittima designata per il processo fu proprio il giovane Puecher. Egli non ebbe modo di difendersi e la sentenza di morte venne confermata senza indugio. Nel documento redatto per la sua condanna, si confermò per l’imputato l’accusa di «avere in territorio di Erba dopo l’8 settembre del ’43 promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell’ex esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello Stato e per commettere furti, rapine e atti terroristici». Al cappellano della formazione fascista al quale venne dato mandato di assisterlo, don Fiorentino Bastaroli, Puecher decise di consegnare le sue ultime volontà. In una lettera indirizzata alla famiglia scrisse: «Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto, accetto con rassegnazione il Suo Volere». Spiegando poi i motivi della sua scelta di unirsi alle formazioni partigiane ebbe modo di sottolineare il suo amore patriottico, manifestando il desiderio di non vederla ancora sotto il giogo tedesco. Puecher venne condotto lo stesso 21 dicembre davanti alle mura del cimitero nuovo di Erba per l’esecuzione della sentenza di morte. Posto innanzi al plotone, chiese e ottenne che gli fossero slegate le mani e, prima di essere raggiunto dalla raffica di mitragliatrice, riuscì a gridare «Viva l’Italia!».

Il 26 ottobre 1945 il luogotenente generale del regno Umberto di Savoia decretò per Giancarlo Puecher la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la qualifica di comandante di gruppo partigiano, gruppo «Lambrugo», con la seguente motivazione: «Patriota di elevatissime idealità, scelse con ferma coscienza dal primo istante la via del rischio e del sacrificio. Subito dopo l’armistizio attrasse, organizzò, guidò un gruppo di giovani iniziando nella zona di Lambrugo, Ponte Lambro, il movimento clandestino di liberazione ed offrendo la sua casa come luogo di convegno. Con lo esempio personale fortificò nei compagni la fede nell’azione che essi dovevano più tardi proseguire in suo nome. Presente e primo in ogni impresa gettò nella lotta tutto se stesso prodigandovi le risorse di una mente evoluta e di un forte fisico, ed associando all’audacia un particolare spirito cavalleresco. Braccato dagli sgherri fascisti, insidiata la sicurezza della sua famiglia, non desistette. Incarcerato con numerosi suoi compagni e poi col padre, d’accordo con questi rifiutò la evasione per non allontanarsi dai compagni di fede e di sventura. Condannato a morte dopo sommario processo, volle essere animatore sino all’estremo, lasciando scritti di ardente amor patrio e di incitamento alla continuazione dell’opera intrapresa. Trasportato al luogo del supplizio, chiese di conoscere il nome dei suoi esecutori per ricordarli nelle preghiere di quell’aldilà in cui fermamente credeva, e tutti i presenti abbracciò e baciò, ad ognuno lasciando in memoria un oggetto personale, pronunciando parole nobilissime di perdono e rincuorando coloro che esitavano di fronte al delitto da compiere. Cadde a vent’anni da apostolo e da soldato, sublimando nella morte la multiforme e consapevole spiritualità che aveva contraddistinto la sua azione partigiana. Como-Erba, 9 settembre – 23 dicembre 1943».

Il padre di Giancarlo, Giorgio, uomo integro, di grandi principi etici e religiosi, profondamente avverso alla retorica del fascismo e alla sua ideologia violenta, con la moglie educò i figli ad alti valori. Egli venne arrestato il 12 novembre 1943 senza alcun motivo, tranne quello di essere padre di Giancarlo Puecher Passavalli, incarcerato perché attivo nella Resistenza nella zona di Lambrugo – Ponte Lambro. Giorgio Puecher Passavalli, rilasciato il 17 gennaio 1944, fu nuovamente arrestato il 15 febbraio e condotto a San Vittore. Il 27 aprile fu deportato a Fossoli, e da qui il 21 giugno 1944, con il “Trasporto 53”, a Mauthausen dove morì di stenti il 7 aprile del 1945.

Sul marciapiede di fronte al no. 39 di via Broletto il 15 gennaio 2020 è stata posta una Pietra d'inciampo intitolata a Giorgio Puecher Passavalli, con la scritta: QUI ABITAVA GIORGIO PUECHER PASSAVALLI NATO 1887 ARRESTATO 15.2.1944 DEPORTATO MAUTHAUSEN ASSASSINATO 7.4.1945.
La pietra è recensita su: Pietre della Memoria, 268334 - Pietra d'inciampo a Giorgio Puecher Passavalli - Milano.

Contenuti

Iscrizioni:
QUI SORGEVA LA CASA
DOVE NACQUE E VISSE
GIANCARLO PUECHER
MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE
FUCILATO VENTENNE
IL 21 DICEMBRE 1943 AD ERBA
REO DI AVER AMATO INTENSAMENTE
LA PATRIA E LA LIBERTÀ
PER LO STESSO IDEALE MORI' DI STENTI
NEL CAMPO 1 DI MAUTHAUSEN IL 17 APRILE 1945
SUO PADRE NOTAIO GIORGIO PUECHER  
IL CENTRO GIANCARLO PUECHER POSE
Simboli:
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Altro

Osservazioni personali:
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