196590 - Lastra commemorativa Casa Savioli – Alfonsine

La Pietra in questione è una targa, posta sotto il portico di un’abitazione privata, in ricordo delle tante case di campagna, dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, erano soliti riunirsi clandestinamente gruppi partigiani del posto facenti parte del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). La targa non è stata posta nel luogo fisico originale in quanto l’abitazione originaria è stata distrutta dopo la guerra e ora, nel luogo in cui si trovava, ci sono campi coltivati.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
via Puglie, 6
CAP:
48011
Latitudine:
44.5241474
Longitudine:
12.0435744

Informazioni

Luogo di collocazione:
Cortile interno di abitazione privata, sotto il portico esterno.
Data di collocazione:
Anni '60
Materiali (Generico):
Marmo
Materiali (Dettaglio):
Basamento in marmo chiaro con iscrizione.
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Casa Savioli, durante la Seconda Guerra mondiale, era il centro delle riunioni partigiane. Era la sede del Comitato di Liberazione Nazionale della provincia di Ravenna, presieduto da Benigno Zaccagnini e per questo si incontravano lì molti personaggi autorevoli.
Ad Alfonsine c’erano due case Savioli: in una faceva riunioni il Comitato di Liberazione provinciale, nell’altra, la Federazione Provinciale del Partito Comunista italiano.
I Savioli furono una delle poche famiglie, tra i contadini alfonsinesi, che non aderì al fascismo. La famiglia era composta da più di 20 persone. Nei primi mesi del 1940, Paolo Savioli, soprannominato Pavlè ad Saviùl, con l'inizio della Seconda Guerra mondiale, fu richiamato alle armi, come sergente nel "3° Reggimento Artiglieria Alpina" affiancato alla Divisione "Iulia". Pavlé (così chiamato in dialetto romagnolo) disertò e fuggì riuscendo a raggiungere a piedi Alfonsine. Qui rimase nascosto per un po' a casa sua. Ricercato dalla polizia, decise di andare in Jugoslavia, a combattere con i partigiani slavi. Raggiunse Zara, ma fu catturato poi incarcerato e portato a Milano. Dopo aver subito durissimi interrogatori, ormai ridotto a cinquanta chili, fu processato e condannato a morte dal Tribunale Speciale di Guerra. Il suo avvocato riuscì a fargli ridurre la pena a 28 anni di carcere. Riuscì però ad evadere nel 1944 e tornò ad Alfonsine. Qui scoprì una realtà nuova: la sua casa era diventata la sede clandestina della Federazione Ravennate del Partito Comunista ed era frequentata da personaggi importanti: Gaetano Verdelli che ne era il segretario e veniva da Bologna e anche Giuseppe Dozza, che sarà primo sindaco di Bologna nel dopoguerra.
Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, Casa Savioli fu distrutta, infatti ora, lì dov’era, c’è un campo per coltivare. Per ricordarla è stata inserita una targa sotto il portico di una casa limitrofa, in cui viene ricordata l'importanza che hanno avuto le case di campagna nel pianificare le battaglie partigiane nelle zone di pianura (dove era difficile trovare nascondigli) della bassa Romagna.

Contenuti

Iscrizioni:
DI QUESTA CASA DURI IL RICORDO E DI TANTE ALTRE CASE DI CAMPAGNA DOVE IL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE DELLA PROV. DI RAVENNA OSPITE DI EROICA GENTE OPERAIA E CONTADINA PREPARO' E CONDUSSE LA LOTTA ARMATA CONTO LA BARBARA OPPRESSIONE NAZIFASCISTA PER UNA ITALIA CHE SI VOLEVA LIBERA E CIVILE. COMITATO PROV. XX DELLA RESISTENZA
Simboli:
Non sono presenti simboli.

Altro

Osservazioni personali:
Ma…chi era il partigiano? Il partigiano era un combattente armato, ma non un soldato. Apparteneva a un movimento di Resistenza e, solitamente, si organizzava in bande o gruppi per combattere eserciti regolari nemici (nazifascisti). La differenza tra un soldato e un partigiano è che un partigiano, oltre all'irregolarità, alla accresciuta mobilità e all'impegno politico e civile, aveva una natura territoriale, legata alla difesa di un'area geografica
coincidente con l'area culturale di appartenenza.
I gruppi partigiani, per non farsi scoprire, di giorno facevano finta di essere o dei contadini o dei figli e parenti di contadini, invece di notte si dividevano in gruppetti e andavano in giro per il territorio, ad esempio a controllare le strade statali. Ogni gruppo aveva da controllare la propria zona e avevano con loro poche armi, come fucili.
È importante ricordare che in quegli anni i contadini diedero una grande mano ai partigiani: li aiutavano dando loro da mangiare e bere e creavano tunnel sotterranei dove mettere al riparo i partigiani dopo le azioni contro i tedeschi.

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