
Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- Via Trento, 3
- CAP:
- 10094
- Latitudine:
- 45.055685757921
- Longitudine:
- 7.3179708739713
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Facciata del santuario
- Data di collocazione:
- 14 Novembre 1930
- Materiali (Generico):
- Bronzo, Marmo
- Materiali (Dettaglio):
- Altorilievo, bassorilievo, lettere ed altri elementi scultorei in bronzo; granito rosa; mattoni.
- Stato di conservazione:
- Ottimo
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune di Giaveno / A.N.A.
- Notizie e contestualizzazione storica:
- Nelle regioni italiane bacino di reclutamento delle truppe alpine sono diverse le memorie strettamente legate al territorio, come nel caso del Terzo Reggimento Alpini in ambito piemontese. Si vedano, a titolo di esempio, le Pietre della Memoria:
- Monumento al 3° Reggimento Alpini – Torino;
- Lastra al 3° Alpini – Battaglione Val Dora – Sant’Antonino di Susa (TO).
A questo proposito, si riportano di seguito alcuni estratti dal saggio "Il mito della guerra nell'associazione nazionale alpini" dello storico Gianni Oliva , pubblicato su "La Grande Guerra: Esperienza, memoria, immagini", a cura di Diego Leoni e Camillo Zadra, Il Mulino, 1986.
Negli anni tra il 1870 ed il 1876, il generale Ricotti-Magnani, Ministro della guerra, conduce una ristrutturazione delle forze armate italiane sul modello prussiano, con il correttivo di stabilire il reclutamento su base nazionale anzichè regionale: i reggimenti vengono formati con elementi provenienti da due diverse regioni geografiche ed assegnati per il servizio ad una terza, in modo da tenere le truppe isolate dalla popolazione civile e poterle utilizzare in servizi di ordine pubblico.
I soli reparti che vengono invece reclutati su base territoriale sono gli alpini, costituiti nel 1872 su proposta del capitano Domenico Perrucchetti, per rendere fattibile la possibilità di una difesa in alta quota: uomini abituati al clima e al terreno; rapporti stretti e spontanei con i civili in funzione di informatori e guide; ufficiali conoscitori dell'ambiente, alpinisti prima che militari. Inoltre, dal punto di vista politico, le regioni alpine sono socialmente tranquille, di orientamento conservatore, cattolico e monarchico, pertanto non sono necessari gli accorgimenti messi in atto nel restante territorio nazionale.
L'Associazione Nazionale Alpini, fondata nel 1919, quindi dopo la Grande Guerra come altre associazioni combattentistiche, se ne differenzia in quanto si discosta dal trionfalismo esasperato e dai toni arroganti che saranno tipici del ritualismo fascista, e pur riprendendo gli stereotipi canonici della retorica sulla guerra (Patria, dovere, sacrificio, ...) si ispira ad un paternalismo interclassista, nel quale le esperienze della trincea si ricollegano alla tradizione delle zone di montagna.
Prima che un compagno d'armi, il commilitone è l'amico cresciuto nelle stesse montagne, con il quale si parla lo stesso dialetto, che canta le stesse canzoni e conosce le stesse persone. La vita militare non produce una "cultura" nuova, ma si inserisce nel tessuto culturale preesistente, tanto è vero che l'immagine oleografica degli alpini si ispira a motivi assai più "civili" che militari: il passo lento, il mulo, il fiasco di vino, i canti popolari.
Le popolazioni alpine sono rimaste estranee alla mobilitazione nazionalistica e alle parole d'ordine dell'irredentismo; La guerra non è una scelta ma una imposizione, un sacrificio al quale gli alpini sono costretti. In questa prospettiva, la guerra diventa "lavoro" al quale il soldato-montanaro si accinge con la stessa rassegnata umiltà con cui si avvia alle fatiche dei campi e degli alpeggi, con lo stesso puntiglio di ben operare.
Nelle commemorazioni dell'A.N.A. del primo dopoguerra il motivo della "tradizione montanara" ricorreva assai più spesso di quello patriottico: più che dell'Italia, gli alpini si sentono figli della montagna. Il rapporto tra gli alpini ed i loro ufficiali occupa una posizione di rilievo, veicolando una immagine paternalistica della vita di trincea. Ciò che in tempo di pace è il parroco o il medico di campagna, in guerra è il graduato, cui i soldati si legano con vincoli di affetto e di simpatia, per il quale si dimostrano pronti ad affrontare le prove più dure.
L'immagine del combattente alpino era quella veicolata dalla stampa popolare durante gli anni del conflitto, per la quale avevano ricoperto un ruolo di primo piano le tavole di Achille Beltrame sulla "Domenica del Corriere", in cui la guerra in alta quota era innanzitutto avventura, sfida alla natura prima ancora che al nemico.
Il messaggio ideologico dell'A.N.A. si rivolse ad un settore specifico dell'opinione pubblica, facendo tesoro della cultura e del linguaggio che di quella fetta di popolazione sono propri. Né retorica eccessiva, né trionfalismo gratuito, ma una ricostruzione della guerra attorno alla quale creare consenso ed ordine sociale. Si trattò di una operazione funzionale al fascismo, ma non coincidente con il regime, tanto è vero che nel 1928 l'A.N.A. venne commissariata e la rivista "L'Alpino" si confuse con la più scontata pubblicistica del tempo, celebrando un alpinismo guerriero di dubbia efficacia.
Nel secondo dopoguerra si ritornò all'impostazione del 1919-1928, riproponendo fin dal nuovo primo numero del giornale, del 1947, un programma di concordia nazionale su basi conservatrici.
Contenuti
- Iscrizioni:
- - Epigrafe:
PRESENTI I LORO ALTI PATRONI
PRINCIPI DI PIEMONTE
L'ANTICO PATTO
STRETTO COL 3° ALPINI
SUI CAMPI DI BATTAGLIA
RIAFFERMANO
I SOCI DELL'A.N.A. DI TORINO
AL SANTUARIO DEL SELVAGGIO
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14 - IX - 1930 -- VIII°
- Firma sul bassorilievo in basso a destra:
G. CANAVOTTO 1930
- Simboli:
- Stemmi dell'A.N.A. e dei Savoia; aquile, simbolo di forza; vittoria alata; fronde di quercia e alloro; fascio littorio.
Altro
- Osservazioni personali:
- Per quanto riguarda lo scultore Canavotto, si rimanda alla scheda "Monumento ai Caduti di Sant’Antonino di Susa".