233111 - Statua di don Pasquino Borghi – Canolo di Correggio

Scultura a grandezza naturale di don Pasquino Borghi, collocata in una nicchia nel lato esterno della Chiesa di Canolo, di cui fu parroco dal 1940 al 1943.  Viene ricordato per il suo carisma ed entusiasmo soprattutto nei confronti dei giovani della piccola frazione correggese e in seguito come “partigiano della carità”. Si distinse infatti per la sua opera di Resistenza pacifica attuata nella  canonica di Tapignola (comune di Villa Minozzo), in cui fu trasferito nell’ottobre del ’43, dove offriva  ospitalità ad ebrei, fuggiaschi, partigiani e chiunque fosse bisognoso di trovare un luogo sicuro in cui nascondersi. Fu arrestato e fucilato presso il poligono di tiro di Reggio Emilia il 30 gennaio 1944. Insignito della Medaglia al valore da Enrico de Nicola nel 1947, il suo ricordo rimane nella storia reggiana come esempio di sacrificio per la patria, ma soprattutto di fede e carità cristiana.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Canolo
Indirizzo:
via Canolo, Chiesa di Canolo (RE)
CAP:
42015
Latitudine:
44.795829027996
Longitudine:
10.749805846558

Informazioni

Luogo di collocazione:
Inserita in una nicchia sul lato destro esterno della Chiesa di Canolo
Data di collocazione:
Inaugurata il 17 febbraio 1946
Materiali (Generico):
Laterizio
Materiali (Dettaglio):
Scultura a grandezza naturale e basamento in laterizio.
Lastra di marmo con iscrizione incastonata nella base.

Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Don Pasquino Borghi nacque il 16 ottobre del 1903 a Bibbiano in provincia di Reggio Emilia da una famiglia di contadini. A 12 anni studiò nel seminario di Marola e poi proseguì il percorso scolastico nel seminario di Albinea. Tra il 1923 e il 1924 prestò servizio militare, e alla fine della leva sentì la vocazione di diventare missionario, scegliendo di entrare nell’ordine dei comboniani di Varese. A 26 anni diventò quindi sacerdote e il 7 agosto del 1930 partì per la missione in Sudan, con l'ordine dei comboniani, dove visse a stretto contatto con le popolazioni indigene per sette anni. Una volta tornato fece domanda per entrare nella Certosa di Farneta (Lucca) e dedicarsi quindi alla vita monastica. Ma non gli fu possibile raggiungere questo obiettivo perchè la sua famiglia aveva bisogno del suo sostegno economico. Nel 1940 gli venne affidata la parrocchia di Canolo, una piccola frazione di Correggio, in cui rimarrà per circa 3 anni. Diventò un punto di riferimento per i giovani della zona, ma le sue chiare intenzioni antifasciste convinsero il vescovo Brettoni ad allontanare il parroco per provare ad allentare la tensione con le autorità locali. Gli venne assegnata dunque la parrocchia di Tapignola, in provincia di Villa Minozzo. Dopo l'8 settembre 1943, inorridito dagli eventi che stavano accadendo in Italia, diventò un “partigiano della carità”. Si mise a disposizione del Comitato di Liberazione Nazionale di Reggio Emilia e si diede il nome di “Albertario”. Nella sua canonica di Tapignola iniziò a ospitare e nascondere chiunque cercasse rifugio. La sua casa diventò un punto cruciale della famosa “via delle canoniche”. Questa via collegava la montagna reggiana al capoluogo e i parroci ospitavano chi ne avesse bisogno: rifugiati, partigiani, ex prigionieri in fuga, ebrei, aiutandoli in particolare ad oltrepassare la linea Gotica. Il 21 gennaio 1944 le autorità fasciste, giunte a Tapignola per un controllo, capirono che il sacerdote nascondeva qualcosa. Durante la perquisizione scoprirono un vano in fondo al corridoio che era il nascondiglio dei fuggiaschi. Questi iniziarono uno scontro a fuoco contro le milizie fasciste per tentare di salvarsi. Don Pasquino venne quindi arrestato con l’accusa di dare protezione a bande armate di ribelli. Il sacerdote sapeva quale sarebbe stato il destino a cui andava incontro. Qualche tempo prima di essere arrestato, infatti, aveva scritto una lettera al vescovo di Reggio, in cui si dichiarava perfettamente tranquillo anche se sapeva che presto le truppe fasciste sarebbero venute a cercarlo. Era stato più volte avvisato del pericolo che correva. Don Pasquino però rispondeva che avrebbe continuato ad accogliere. La mattina del 25 gennaio 1944 fu trasferito prima a Reggio Emilia e, successivamente, alla prigione di Scandiano. Venne più volte interrogato e torturato allo scopo di fargli rivelare informazioni utili riguardo alla Resistenza reggiana. Don Pasquino non rivelò nulla e fu quindi condotto davanti al Tribunale speciale e condannato alla pena capitale insieme ad altre 8 persone. All’alba del 30 gennaio venne condotto al poligono di tiro di Reggio dove venne posto davanti al plotone e fucilato. Anche un ragazzo di soli 15 anni prese parte all'esecuzione: Sergio Paderni. Questo tragico epilogo non tardò però a produrre frutti di bene: il giovane Sergio venne perdonato pubblicamente dalla madre di don Pasquino, Orsola, che volle onorare la volontà del figlio di diventare portatore di pace.

Contenuti

Iscrizioni:
“DON PASQUINO BORGHI
MISSIONARIO -PATRIOTA - MARTIRE
PRO PATRIA OCCUMBENS VITAM CUM SANGUINE FUNDIS,
PRAEMIA SED CAELO MAGNA PASCHALIS REFERS”

che significa:
“Morendo per la patria versi col tuo
sangue la vita, ma grande premio, o
Pasquino, in cielo riporti."
Simboli:
Informazione non reperita

Altro

Osservazioni personali:
Informazione non reperita

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