223020 - Stele ai morti nell’affondamento dei piroscafi Sinfra e Petrella a Creta – Grecia

La stele ricorda i militari italiani e greci periti nell’affondamento dei piroscafi Sinfra e Petrella. Costituito da una struttura in laterizio con lapide frontale in marmo e un piccolo bassorilievo in bronzo a sinistra.

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Isola di Creta
Indirizzo:
CAP:
Latitudine:
35.354876431515
Longitudine:
24.279679973079

Informazioni

Luogo di collocazione:
Area lato strada
Data di collocazione:
1993
Materiali (Generico):
Bronzo, Laterizio, Marmo
Materiali (Dettaglio):
Laterizio per la stele, lapide in marmo e bassorilievo in bronzo
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Il Petrella
Il giorno 4 febbraio 1944, presso la Baia di Souda (Creta – Grecia - Mar Egeo) furono imbarcati nel piroscafo “Petrella” oltre 3100 soldati italiani prigionieri dei Tedeschi. Il “Petrella” era una nave inizialmente francese (ex “Aveyron”), acquistata dall’Italia e poi caduta in mani tedesche.
I 3100 prigionieri italiani erano colpevoli solo di una cosa: di aver tenuto fede a quel giuramento che tanto onora, ovvero al giuramento militare di fedeltà alla Patria ed al Re d’Italia!!!
Furono imbarcati il 4 febbraio in questa nave, che non era adibita al trasporto di esseri umani, in quanto era una carboniera! Avevano già sulle spalle una lunga esperienza di guerra senza mai un giorno di licenza: chi da due anni, chi da tre e chi persino da quattro anni!!! Erano già stati catturati ed imprigionati in diversi campi sparsi in tutta la Grecia o nel Dodecaneso. Avevano già l’esperienza della fame e di tanti, tantissimi stenti.
I più “fortunati” furono imbarcati con un quarto di litro di acqua e ciò che restava della pagnotta loro assegnata giorni prima. Furono ammassati nelle stive. Il “Petrella” era diretto al Pireo e, da lì, la destinazione dei prigionieri italiani era la prigionia nei campi di concentramento in Polonia o Germania.
Per quattro giorni il “Petrella” non riuscì a partire, perché il Mar Egeo era letteralmente “infestato” di sottomarini inglesi. I soldati italiani, in questi maledetti quattro giorni, erano talmente stipati che non riuscivano nemmeno a muoversi: rimasero senza acqua, senza cibo e molti di loro morirono per le esalazioni delle urine e delle feci!!!
Infine, arrivò l’8 febbraio. Il “Petrella” salpò la mattina verso le ore 7:30 a.m./8:00 a.m. dalla Baia di Souda, ma dovette far ritorno infinite volte per evitare i sottomarini inglesi. Verso le ore 11:20 a.m. circa, riuscì a giungere ad un miglio circa al largo della Baia di Souda, ma emerse il sommergibile inglese “Sportsman”, che lanciò due siluri e colpì il “Petrella”, sebbene nei suoi fianchi fosse scritto ben in evidenza POW, ovvero “Prisoners Of War”!!! Lo “Sportsman” era agli ordini del Comandante Richard Gatehouse.
Miracolosamente il “Petrella” non affondò; rimase a galla e tutti i soldati si sarebbero potuti salvare, ma… Non appena i prigionieri italiani tentarono di uscire, presi dal panico, dalle stive, dove erano stati rinchiusi, i soldati tedeschi spezzarono loro le ossa coi i colpi dei calci di fucile!!!! La massa umana era enorme, quindi in tal modo non riuscirono a contenerli, per cui cominciarono a mitragliarli. Ma nemmeno in tal modo la gigantesca quantità di soldati poteva essere frenata, quindi i Tedeschi cominciarono a lanciare contro gli Italiani bombe a mano e la strage ed il massacro furono orribili!!!
Va sottolineato che ai prigionieri italiani (gli IMI, Internati Militari Italiani!!!) non erano stati consegnati i giubbotti di salvataggio. Infatti, gli IMI non erano considerati né trattati alla stessa stregua dei prigionieri di guerra. Gli IMI non avevano nemmeno il diritto di essere soccorsi dalla Croce Rossa, così come era sancito dal trattato di Ginevra del 1929!!! Gli IMI dovevano solo morire!!!
Il sommergibile “Sportsman” riemerse, lanciò altri siluri e stavolta colpì le caldaie del “Petrella”, che esplose, spezzandosi in due tronconi. Si inabissò nel giro di pochi istanti. Le motovedette tedesche, che scortavano il “Petrella”, si allontanarono in tutta fretta per evitare il risucchio. Dopo che il “Petrella” si era inabissato, tornarono indietro sia le motovedette che altre imbarcazioni tedesche e greche. Quelle greche soccorsero i pochi Italiani, che erano rimasti in acqua, ma non fecero lo stesso i Tedeschi. Questi ultimi, infatti, mitragliarono tutti gli Italiani rimasti a galla!!!
In pochissimi si salvarono: di oltre 3100 prigionieri italiani solo circa 424 sopravvissero!!!
La tragedia del “Petrella” è la seconda più grande e grave di tutta la storia del Mar Mediterraneo. Il 12 febbraio 1944, ovvero quattro giorni dopo, fu la volta del naufragio del piroscafo “Oria, che con i suoi 4050 (quattromilacinquanta!!!) morti ( bisogna sottolineare che furono almeno 4050, perché questa è la cifra che si conosce, ma non si può escludere che fossero ancor di più!!!) rappresenta la tragedia più grande in assoluto di tutta la storia del Mar Mediterraneo.
Fabio Capitanucci

Il Sinfra
La motonave Sinfra arrivò nel porto di Heraklion (Creta) nei primi giorni di ottobre 1943. Da parecchi giorni i convogli ferroviari tedeschi ammassavano, presso questa base, materiale bellico (bombe d’aerei, in particolare) provenienti dagli aeroporti limitrofi. Queste bombe erano destinate ad essere sganciate dalla Luftwaffe in Nord Africa, ma dopo la vittoria Anglo-Americana, questo arsenale costituiva un surplus, così come gli stessi aeroporti dell’isola di Creta di grande valore strategico. Il 19 ottobre il carico di bombe fu completato e la nave era quasi pronta a partire per il Pireo.
L’ultima operazione era soltanto quella di trasferire il carico di migliaia di militari internati dai campi di concentramento al porto. Molti greci si erano assembrati sui lati della strada per assistere alla partenza dei soldati italiani. Verso sera il trasferimento fu completato. La Sinfra era una nave da carico senza cabine ed i soldati furono ammassati nelle stive. I tedeschi permisero soltanto agli ufficiali di rimanere sui ponti aperti usando le poche cabine esistenti sui lati dei corridoi che correvano da poppa a prua. Prima del tramonto, i tedeschi consegnarono agli ufficiali italiani i giubbotti di salvataggio che non erano sufficienti per tutti gli ufficiali presenti a bordo. Nessun giubbotto fu consegnato agli uomini nelle stive. Sulla nave c’erano molti tedeschi di passaggio ed anche un piccolo gruppo di partigiani greci, tutti cretesi, destinati ai lager tedeschi. I boccaporti delle stive erano presidiati da sentinelle tedesche armate di pistole mitragliatori.
La nave aveva due mitragliatrici, una a prua ed una a poppa, in funzione antiaerea. Ricordo che il mare era liscio come uno specchio e c’era anche la luna piena quando il Sinfra lasciò il porto di Heraklion, scortato da una nave. Nessuna luce era permessa a bordo per evitare il pericolo d’essere individuati da aerei e da sottomarini nemici. Chi voleva fumare poteva farlo solo nei locali interni. Alcuni ufficiali italiani combattevano lo stress passeggiando da prua a poppa e discutendo delle situazioni ed erano divisi in piccoli gruppi. La maggior parte di loro si poneva la stessa domanda: “Cosa sarebbe successo una volta giunti al Pireo?” Alle 23.30 una sentinella cominciò ad urlare: “Aerei nemici, allarme!” Immediatamente l’antiaerea del Sinfra cominciò a crepitare.
Un ufficiale italiano, uno dei tanti presenti in coperta, dopo pochi secondi vide delle luci a gruppi sull’orizzonte, erano molto basse. Secondo fonti tedesche pare che si trattasse di squadroni di bombardieri U.S.A. e aerosiluranti della R.A.F provenienti dal Nord Africa e operativi sul Mediterraneo. Appena gli aerei sorvolarono sopra il Sinfra, avvenne una forte esplosione. Lo shock dovuto all’esplosione fu così forte che gli occupanti del ponte furono scagliati parecchi metri lontano dalla loro posizione originale. Mentre Alcune sentinelle cominciarono ad aprire il fuoco all’interno delle stive. Il suono dei mitragliatori era alto, ma non tanto da coprire le nostre urla di terrore che salivano dalle stive. Molti di noi sul momento pensarono che una bomba fosse entrata dalla ciminiera ed esplosa all’interno della nave.
Ci mettemmo a correre e a salire alla rinfusa attraverso le scale rimaste ancora intatte e a raggiungere il ponte barcollante. Dopo di che ci buttammo in mare. Seppi dopo che molti altri compagni erano stati intrappolati all’interno nelle stive vicine, a seguito delle scale di accesso collassate o crollate. Una volta in mare, aggrappandomi ad mozzicone di trave resistetti non so per quanto tempo sino all’arrivo di un barcone di salvataggio rimediato nel porto da civili, forse pescatori, che ci misero a bordo, trasportandoci sino a terra.
Testimonianza di Pietro Puleio un sopravvissuto

Contenuti

Iscrizioni:
IN MEMORIAA DEI CADUTI
ITALIANI E GRECI
CHE
ACCOMUNATI DA UN TRISTE DESTINO
PERIRONO NELL'AFFONDAMENTO
DEI PIROSCAFI
SINFRA E PETRELLA
1943 - 1993
Simboli:
Bassorilievo in bronzo a sinistra della lapide

Altro

Osservazioni personali:
Crediti fotografici Antonio Albanese

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